Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/164

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156 fausto.

Mefistofele. Ho teso un poco gli orecchi, e ho udito ad un di presso ogni cosa. Il dottore fu catechizzato, e gli farà buon frutto, spero. Sta molto a cuore alle fanciulle che il lor caro giovane sia un semplice e dabbene all’antica; perchè elle pensano: S’egli condiscende in questo, sarà condiscendente anche verso di noi.

Fausto. Tu non puoi, mostruosa creatura, comprendere come quella candida e soave anima, tutta accesa della sua fede, che solo può condurla a salvazione, piamente s’affanni in pensare ch’ella dee tenere per perduto l’uomo che le è caro sopra ogni cosa.

Mefistofele. O sensibile, strasensibile amante! una femminetta li mena per il naso.

Fausto. Sozzo innesto di fango e di fuoco!

Mefistofele. E la è anche buona fisionoma; e nella mia presenza ella prova, non sa ella che. Io ho sol volto la maschera; trappole e inganni covano sotto; io mi sono in sua fè qualche mal genio; e, Dio la salvi, forse forse il diavolo. Orsù, stanotte?...

Fausto. Che ne fa a te?

Mefistofele. Ci ho il mio divertimento anch’io.


ALLA FONTANA


GHITA e BETTINA con brocche.

Bettina. Hai udito di Barbarina?

Ghita. Nulla ho udito: sai ch’io non vado gran fatto fuori.