Pagina:Fausto, tragedia di Volfango Goethe, Firenze, Le Monnier, 1857.djvu/170

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162 fausto.

Valentino facendosi innanzi. Che vai tu zimbellando costa? Poffare il cielo! maladetto cacciatopi! Al diavolo prima lo stromento; poi al diavolo il cantore.

Mefistofele. La chitarra è in pezzi! Non vale più a nulla.

Valentino. Ora sarà una spaccatura nel capo.

Mefistofele a Fausto. Dottore, non date indietro! Animo! statemi a fianco, e lasciatevi guidare a me. Fuori durindana, e menate di punta! Io paro.

Valentino. Para questa!

Mefistofele. Perchè no?

Valentino. E quest’altra!

Mefistofele. Messer sì.

Valentino. In mia fè che qui combatte il diavolo. Che è questo mai? Io ne ho già il braccio intormentito.

Mefistofele a Fausto. Ferite!

Valentino cade. Ohimè!

Mefistofele. Il babbeo è ammansato! Or diamla a gambe. Ci bisogna dileguarci in fretta, ch’io odo già levarsi intorno un romore spaventevole. Io son bene di qualche autorità, ma in quanto alla corte di giustizia la è un’altra minestra.

Marta al balcone. Fuori! fuori!

Margherita al balcone. Qua un lume!

Marta, come sopra. S’ingiuriano, s’azzoffanno, schiamazzano, combattono.

Popolo. Qui n’è già uno morto.

Marta, uscendo nella via. Son già fuggiti gli assassini?

Ghita uscendo nella via. Chi giace qui?