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176 | fausto. |
O che crassa ignoranza! o che cervelli!
Quanto ai leggiadri nostri giovinetti
Non fur mai visti simil saputelli.
Mefistofele, apparendo a un tratto un vecchione.
Il novissimo dì, certo, è vicino;
Addio bel monte! addio leggiadra corte!
Conciossiache io sono al lumicino,
Così anche il mondo è vecchio e in fin di morte.
Strega rigattiera. Signori miei, non passino oltre a quel modo; non lascino fuggire l’occasione. Veggano, veggano che fiore di mercanzie! Qui v’è di tutto; e son nullameno tutte cose rarissime e senza eguali in terra; tutte famose per qualche gran malanno recato, quando che fosse, agli uomini e al mondo. Io non ho in bottega un pugnale dal quale non sia grondato sangue, non una tazza che non abbia dato bere un segreto veleno, e distrutte le più robuste complessioni; non un ornamento che non lasciasse una donna da bene; non una spada che non rompesse un’alleanza, o non trafiggesse l’avversario nelle spalle.
Mefistofele. Madonna, voi conoscete male i tempi. Quelle cose vostre sanno dell’antico, e ciò che è stato è stato. Provvedetevi, in buonora, di novità, chè le novità sole possono allettarci.
Fausto. Io son mezzo fuori di me. Questa in ultimo non è che una fiera!
Mefistofele. La turba trae tutta insieme all’insù. Tu credi di sospingere e sei sospinto.
Fausto. Dimmi, chi è colei?
Mefistofele. Mirala bene! Ell’ė Lilith.
Fausto. Chi?