Pagina:Ferrario, Trezzo e il suo castello schizzo storico, 1867.djvu/85

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secondo le apparenze non a torto, fu accusato d’infedeltà. Il Corio infatti ci narra che un nobile milanese, detto Luigi Beccheto, già secretario della duchessa Bona, ed in questi giorni esule in Torino (al quale il Sanseverino aveva partecipati i suoi progetti) scrisse in nome del duca a Vercellino alcune lettere, esortandolo a non impedire a Roberto il passaggio del fiume. Cosi avvenne che le truppe veneziane il 15 di luglio tragittarono sicure, e poterono munire il ponte di due forti bastite. Scopertasi poi la frode, ed accorso a ristorare la fortuna degli Sforza, Alfonso duca di Calabria, trasportò questi, per un ponte fatto gittare a Cassano il 27, un esercito di 6000 cavalli e 5000 fanti. Il dì seguente anche i Brianzoli, guidati in nome del duca da Gabriele Calco, prendevano il ponte di Trezzo col presidio che era nelle bastite, occidendovi il proveditore veneto Marco Morosini.

L’anno appresso il conte Giovanni Pietro Bergamino conduttiere si portò con alcuni fanti della guardia del duca Giovanni Galeazzo Maria al castello di Trezzo, ma non vi fu ammesso da Vercellino, perchè, se bene a ciò invitato per lettera del reggente Lodovico il Moro, egli non aveva ricevuti i debiti contrasegni. Risoltosi allora il duca a trasferirsi colà in persona (25 di agosto) insieme col duca di Calabria e con l’anzidetto suo zio, si fe’ precedere dal cancelliere Giovanni Giacomo Gilmo coi debiti contrasegni, dal medesimo conte Bergamino, dai provisionati, dai siniscalchi e da altri cui era commesso l’apparecchio degli alloggiamenti.