Pagina:Ferrero - Diario di un privilegiato, Chiantore, 1946.djvu/70

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leo ferrero

menica verso le sedici. Il solito ricevimento domenicale era animatissimo. Molti amici venuti a congratularsi ancora dello «scampato pericolo», molti critici venuti a parlare del romanzo, molti curiosi venuti a sentire se papà sapeva qualcosa della fuga di Turati, avvenuta in questi giorni. Andando a riaccompagnare gli amici a Porta Romana, vediamo dei ceffi sospetti. «Che diavolo vogliono costoro?».

Ieri lunedì papà aveva un appuntamento dal dentista, alle sedici. Quando esce alle diciasette fa cenno a una vettura. Un signore gli si accosta gentilmente e chiede di salire con lui. Papà si rivolta:

«In automobile con me non ci voglio nessuno».

«Sono un agente, questi sono gli ordini».

«Se vuol seguirmi prenda un altro automobile».

«Non ho ordini in proposito».

«Allora andiamo tutti e due a piedi».

Papà rientra furioso, scrive una lettera al Prefetto protestando. Nessuna risposta.


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