Pagina:Ferrero - Meditazioni sull'Italia, 1939.djvu/188

Da Wikisource.

dialogo sul primo ottocento 169


affatto degli inni con cui glorificherai il tempo in cui siamo nati. Tu sai bene che l’uomo non soffre profondamente di tutti i mali di cui si lamenta con i suoi simili; e che io non sono, nel profondo del mio spirito, più infelice, perchè sono nato in tempi incivili che se fossi nato a Roma nell’era di Augusto. Per questo sono magnanimo.

Secondo Scrittore. — Allora ti dirò, che il tuo ragionamento mi sembra ragionevole, ma non chiaroveggente. Tutti hanno sempre creduto di vivere in una epoca transitoria; ma nessuno ha ancora pensato che sono sempre transitorie le epoche grandi.

O maestoso Ottocento! Verrà un giorno, in cui si dirà che questo primo mezzo secolo, ancora rigato dagli ultimi bagliori d’oro del vecchio mondo, e già gonfio di umori novelli, già ebbro di infiniti orizzonti scoperti, era stato il momento più splendido della civiltà italiana; in cui si dirà che il conte Leopardi scrivendo l’Infinito, s’è coronato con quell’alloro, che ornò le tempie di Dante; che il signor Manzoni ha lasciato, coi Promessi Sposi, un capolavoro immortale certo assai più grande delle corbellerie di Lodovico; che il signor Foscolo colava i versi nel bronzo, e che i suoi endecasillabi alle montagne si potevano rassomigliare perch’erano eterni!

E i poeti, che avranno disciolta questa metrica un pó muscolosa, in ritmi languidi, e avranno rinunziato, come dici tu, a risolvere laboriosamente quei misteriosi impacci, che si ponevano senza che