Pagina:Fillia - L'ultimo sentimentale, 1927.djvu/37

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desiderio meraviglioso della nostra sensualità, bello come le sfumature di questo tango, pieno di sensazioni misteriose, d’imprevisti miracolosi. In fondo agli occhi naufragavano attimi caldi di tentazione, le bocche coloravano di giallo le nostre parole azzurre. Brividi lunghi di passione nel contatto ingenuo delle mani, piccoli contatti che avevano infinite interpretazioni carnali. Carnali come questo tango che ci avvicina al nostro sogno, che ci trascina sulla soglia dell’amore indicandoci gli abbracci dolorosi, i baci lentissimi, le carezze mostruose, le notti di seta e di velluto. Ansia quasi mistica della nostra fusione fisica, di un’estetica morbosa prolungata fino allo spasimo. Dolcezza finissima di questo tango che somma alla nostra vita maschia come l’acciaio, un momento di abbandono femminile come la luce».

Il tango agonizzò. Nella sala ripresero i rumori circolari della conversazione.

Dalla porta centrale erano entrati alcuni uomini, vestiti modestamente di nero. Parlarono col Direttore dell’Albergo. Dopo un attimo un cameriere pregò Farro di accompagnarlo. Un mulatto, duro e reciso, spiegò:

— «Ordine della Presidenza: apparteniamo alla squadra politica — risultano delle accuse a vostro carico che io non posso specificare — seguitemi nella vostra camera per una perquisizione».

Farro non riusciva a indovinare le possibili ragioni di una simile accusa: la sua esistenza di artista era chiara e controllabile, senza debolezze vitali.