Pagina:Flavia Steno - Cosi mi pare.djvu/198

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tano, invece, con un’ombra di tedio infinito, che non dice dolore, non dice desiderio, e non speranza, e non volontà. Guardano lontano forse, e forse dentro, in quel pauroso paese che ognuno si chiude in cuore, e, fin che dura il tragitto, nulla vale a distogliere quelle pupille nere immote dalla contemplazione misteriosa, che non ha nome e forse ne ha mille, e forse uno solo: il tedio, il tedio triste che corre sul lago.

Il vaporetto approda, sbarca, imbarca, indugia un attimo, riparte. Altre mete, altre attese, altri visi accanto, intorno al giovane viso bianco, dalla bocca di porpora viva, che ancora è rimasto immoto, senza sguardo e senz’anima.

Sul breve molo, accanto all'imbarcadero, essi si salutano per la millesima volta, senza trovare il coraggio di lasciarsi. I due brevi ponti gettati dal battello sulla riva sono ingombri di gente affaccendata, la campana della partenza ha suonato, i facchini hanuo terminato di caricare, l'ufficiale di bordo dà l’ultimo richiamo. Nessuno bada ai due innamorati, che non possono staccarsi: colle mani nelle mani convulse, frementi, congiunte dal destino e ribadite dall’amore, cogli occhi rifulgenti di tutta la bellezza umana, trasfigurati da quella