Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. II, 1912 – BEIC 1821752.djvu/227

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Verrá tempo, verrá (non ne prendete
astio di questo voi, cli’a voi non tocca),
quando con vostro scorno ’i vederete
non pur sottragger l’esca di lor bocca
e darne a chi patisce fame e sete,
ma per disviluppar la gente sciocca
del laberinto lor, cose faranno
di tolleranzia tal, che moriranno!
97
Nel nome mio fien morti e da le fiere
squarciati e rotti, e morsi da colubri;
fra fuoco e ferro andran le lor preghere,
e le prigion saranno i lor delubri.
Queste son l’astinenzie molto vere
piú de le vostre d’oggi e piú salubri:
ma se ’l nostro proceder intendeste,
non questi miei di colpa imputereste.
98
So quanto sia diffidi cosa e dura
volere un vecchio stile, e giá ’ndurato
per lung’uso nel ceppo di natura,
riducer ad un altro inusitato:
di che ben spesso aviene, a chi procura
d’un popolo cangiar costumi e stato,
esserne ucciso: tanto par di strano
le rane uscir del lor natio pantano!
99
Chi stabilisce dunque il nuovo regno
di nuova gente n’ha minore affanno;
e chi è colui che faccia mai dissegno
tagliar un non giá mai tagliato panno,
per racconciare il vecchio? e qual ritegno
in esse commissure quelli avranno?
e chi fu mai che ’l nuovo vin fondesse
ne l’orna vecchia, ed ambo non perdesse? —