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Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. II, 1912 – BEIC 1821752.djvu/236

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12
A questo alzò la baldanzosa fronte
quel che fu allor pontefice de l’anno:
— Non è — disse — fra voi chi si raffronte
al saper dir la via, ch’usciam d’affanno:
le carte, agli altri oscure, a me sol cónte
per l’onorata sedia, detto m’hanno
che, per salvar il popol di sua noia,
fará mistier ch’un uom per lui ne muoia. —
13
Anna, ch’era piú vecchio, afferma il detto,
né fu di lor che poi non congiurasse;
si che la veritá d’un maladetto
non far puotéo che ’n bocca non entrasse,
mirando a la cagione, al grande affetto
di quella dignitá quant’ importasse;
e mentre van cercando a sé piú corta
via di far questo, battesi la porta.
14
La chiusa porta del crudel conciglio
fort’ è percossa e molto risospinta.
Ricadde allor piú d’un superbo ciglio,
piú d’una faccia di pallor fu tinta:
san l’odio contra sé, san lo periglio,
che portan de la plebe a l’arme accinta,
accinta in danno di chi un pel torcesse
al suo profeta, non pur l’uccidesse.
15
Caifa commette al portinar ch’intenda
di quel picchiar si forte la cagione,
ma cauto stia che dentro alcun non prenda,
se fosser piú di cinque o sei persone.
L’usciero, acciò ’l commando non trascenda,
l’orecchia e l’occhio a la fessura pone;
dove comprende un solo, ma non vede
quanti demòn tengon quel corpo in piede.