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Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. II, 1912 – BEIC 1821752.djvu/240

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28
Esso, ch’eternalmente non riceve
né passion d’oblio né d’ignoranza,
pur degnasi di cosa tanto lieve
chieder chi è ’1 sovrascritto e la sembianza,
e poi dar lor risposta che si deve
non fare a’ tasse de’ signor mancanza;
ché quanto a Cesar cade, a Cesar caggia;
ma quel che cade a Dio, Cesar non aggia.
29
Quelli, confusi e per sé fatti rei,
tornano ai mastri loro, e stan lontani.
E poco stante alcuni saducei
(gente che toglie a riso i corpi umani
di quanti nacquer mai, nonché d’ebrei,
doversi ravvivar co’ piè, con mani)
gli addomandáro un dubbio per accórlo
nel ragionar: pur lor dignossi esporlo.
30
— Giá fur sette fratelli, i quai, di morte
per cagion sola, successivamente
dal primo a l’ultim’ebber per consorte
una sol donna; e Mosé ci ’l consente.
Or snoda il groppo: allor che ’n su le porte
del ciel verrai per giudicar la gente,
rendendo a noi quest ’ossa e nervi istessi,
quella tal moglie a cui giungerai d’essi? —
31
E questi ancor potean a la risposta
di vergogna morir, se n’era in quelli.
Mostrato a lor che, qual è sotto crosta,
putrido corpo, d’indorati avelli,
cosi lor ignoranzia sta nascosta
nel manto di dottrina, e son si felli,
che solo è l’arte lor di far che sia
creduta esser pietá l’ipocrisia.