Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. II, 1912 – BEIC 1821752.djvu/256

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Daremosi di te poi vanto tale,
che degno a re, non ch’a maestro sia:
sol qualche segno ti cerchiamo, quale
fu quel di Samuel, fu quel d’Elia;
quando l’un contra il corso naturale,
d’inusitate piogge il ciel tenia;
l’altro ch’alzò di terra in lungo solco
di chiare fiamme il carro col bifolco. —
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lesti, che l’ostinata lor maliccia
vedca (né s’avvedean d’esser veduti),
rispose: — O pieni cuor d’ogni sporciccia,
malvagi, e nel durato error perduti!
Voglion segno dal ciel non per giusticcia,
non per bontate no, ma con arguti
suoi lacci van cercando ch’estimate
sien l’opre mie non mie, ma d’impietate!
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Hanno per cosa orribil e fuor d’uso
esser tre giorni e tante notti giti,
che nel gran pesce Giona ste’ rinchiuso,
fuggendo il predicare a’ niniviti!
Però dar altro segno a lor ricuso
fuor ch’un simil a questo, quando, inviti,
vedranno il Figlio d’uomo, tre di privo
di vita, uscire dal sepolcro vivo.
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Costor da’ niniviti mertamente
fien nel giudiccio universal dannati,
però che son d’ingegno renitente
al viver giusto ed a chi gli ama ingrati.
Ad una strania, incirconcisa gente
predicò Giona e gli ebbe a Dio voltati :
costor, c’ hanno uno assai maggior di Giona,
l’odiano se ’n profitto lor ragiona!