Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. II, 1912 – BEIC 1821752.djvu/267

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Ma, siavi certo, quei che vi mandáro
far ciò die ’l lor giudiccio punir deve,
ed anco il famigliar mio dolce e caro
che meco prende ’l cibo e meco beve,
piú di voi nocquer tutti ed oltraggiáro
Natura, Legge e il mondo. Però breve
sia questo gaudio lor, ma piangan sempre,
tal che d’essi non sia che ’l mio ciel tempre.
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Or dunque al piacer vostro mi legate,
ch’io mi vi do di core tutto in preda,
con patto tal ch’ir questi miei lasciate,
se vendetta dal ciel non vi succeda. —
Cosi lor disse, e con le man sforzate
(come far questo par che Dio lor ceda),
l’han preso chi davanti e chi di dietro,
finché vi arriva l’ortolano e Pietro.
34
Pietro, che vede il bel tesor celeste
da cosi rio legnaggio esser distratto,
cader dagli omer lasciasi le veste,
avendo il ferro giú di scorza tratto,
e disse: — Signor mio, soffrirò queste
ingiurie in te senza vendetta? — e a un tratto
non aspettò, ma, come entrasse in guerra,
l’orecchia d’un di quelli pose in terra.
35
L’ortolan ch’una vesta tien sul nudo,
da dormir tolto e al suon de l’arme corso,
non ha con che l’aiuti, o lancia o scudo:
di che sen fugge con veloce corso,
lascia lo manto a dietro e, tutto ignudo,
corre agli apostol per chiamar soccorso.
Ma quei non stetter saldi ; anzi, ferito
che fu ’l pastor, l’armento andò smarrito.