Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. II, 1912 – BEIC 1821752.djvu/64

Da Wikisource.

84
Giá gli sei mesi che fòr dianzi espressi,
tra l’uno e l’altro parto se ne vanno.
Augusto che non pur d’ Italia féssi,
ma de’ regni del mondo gran tiranno,
manda un editto a quanti sottomessi
popoli a sé nel grembo del mar stanno,
che portate gli sian discritte in carte
tutte le nazion di parte in parte.
s 5
E mentre che ’n Giudea sotto Cirino
trattasi questo e s’opra tuttavia,
chi va, chi vien per questo e quel camino;
fra’ quali anch’è Ioseppe con Maria.
Stassi con loro il grande Parvolino,
che giace in ventre e ’n ciel nostr’alme cria.
Van dar sé in scritto, e tutti quei che sono
de la lor tribú, a l’arrogante trono.
86
Che ’l Re del ciel suppongasi al terreno,
ridesi l’uman savio né si ’l crede:
ma chi rompe d’Àbramo ed entra il seno
e chi nel terzo ciel ripone il piede,
quel sa che Dio, per spegner il veleno
de la superbia nostra, d’alta sede
in questo basso albergo se ne venne,
ove necato esser per noi sostenne.
87
Di questo e gli profeti e le sibille
rimpiute han molte carte in verso, in prosa;
e del mar Tonde e del ciel le faville
fér di stupor gran segni a tanta cosa:
ma chi d’arena i grani, e chi le stille
di sottil pioggia, e chi di selva ombrosa
le frondi, e d’erbe i fior sa in numer dire,
non meno a intender ciò potrá salire.