Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/118

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Qui tante oneste voglie e pensier casti
per te, di ruffianismo mastra e prima,
furon corrotti, effeminati e guasti.
70Or giunta infin delle miserie in cima,
guárdati come vai ; cosi ten vade;
ned io di te, né tu di me fai stima!
Ecco che in te dura sentenza cade,
ond’io mi torno al tribunal primiero:
75venga giustizia e vadasi pietade!
Dichiaro a quanto estende il nostro impero:
costei sia, come incesta e parricida,
punita nel mio zel duro e severo.
Non turba e popol sia che in lei non strida,
80e con le pietre in man, coi ferri a lato,
non l’anga ovunque fugge e alfin l’uccida.
Ogni luogo, che albergo a lei sia stato,
senta le fiamme si, che in terra fumi
e in gli occhi all’altre donne il vegga eguato.
85Si laidi e abbominevoli costumi
di vista sian e di memoria tolti :
spegner tal fuoco il mar vi vuole e i fiumi.
Pur ad un cenno tutti, non che molti,
estinguerò come di paglia fuoco
<>o e nell’inferno’i vo’ tener sepolti.
Cotanto è il puzzo lor, che non han loco
né sotto il mar né dell’abisso in fondo;
sol io nell’acqua e sangue li suffóco.
Ma sterile non sia, non infecondo
95il letto mio però, né di mia prole
per la costei cagion sia privo il mondo.
Or altre nozze ristorar si vuole!
Ite, miei servi, a ben spiar chi bella
sia piú dell’altre in tutte le figliuole.
100Nel regno nostro introducete quella,
ove regina, ove sia degna madre,
ove fedel mia donna, e non ancella.