Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/12

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25Frutto non dá, se non verdeggia e infiora
palmite alcuno a l’alma vite giunto,
che di tua man piantata innalzi ognora.
Questa si è il tuo Figliuol, che, in croce, punto
nei piedi, nelle man, nel capo e petto,
50il sangue ci donò, d’amor consunto.
Egli, ch’è vigna eletta, umore eletto
mandò fuor per le piaghe a vene sciolte,
ond’esce a noi di tutto il ben l’oggetto.
Quinci li rami e le propaghi molte,
35mardri, confessori e verginelle,
alme al gran ceppo del tuo Figlio accolte.
Però lor gemme, fronde ed uve belle
non puon non esser buone, sendo inserte
di sapienza in petto e in le mammelle.
40O spirti degni, od alme sante e certe
del fermo bene, al mal fugace dopo,
o giunte in ciel per vie malvage ed erte,
per quell’amor, che in voi piú di piropo
fiammeggia ardente e piú del sol riluce,
45u’ non piú rai per piú splendor fann’uopo,
date, vi priego, all’intelletto luce
di questo mio vecchi’uomo infermo e stanco,
che non mai tardi a voi si riconduce !
Di forze si, ili buon voler non manco
50lavar le macchie mie nei pianti amari ;
ma di me stesso in tirannia son anco!
Per aspri monti e tempestosi mari
errai gran tempo lá dond’esce il sole
al nido ove ripone i lumi chiari.
55E come quel che tutto intender vuole,
d’Egitto prima, poi d’Atene e Roma
bramoso entrai nelPonorate scole.
Qui le virtú, per cui tanto si noma
l’umana sapienza, aver contesi
60per irmi carco di si nobil soma.