Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/185

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Ed ecco stava dietro a due colonne
di questa loggia un’umil feminella,
che indegna tiensi usar con l’altre donne.
70Ell’era d’ogni vii servigio ancella,
dolce a vederla, senza orgoglio ed ira;
ed ha con seco un’altra sua sorella,
la qual si batte il petto e tace e mira
la terra, e d’acque il ciel, piangendo, impregna,
75e d’aura e vivo ardor, qualor sospira.
Misericordia corse lá, ché, avvegna
fosser in rotti arnesi, non le sprezza,
anzi sapere il nome lor si degna.
— Chi siete — disse — voi ? Chi a tanta altezza
80vi consultò poggiar? Chi v’ange e sprona,
ch’io veggo in voi giá Tossa per magrezza? —
Risponde quella che piangea: — Patrona
de’ miseri mortali, abbiam riguardo
venir ove fra voi si questiona. —
85Cosi parlando tuttavia, col tardo
pugno si batte e piega le ginocchia
e pur a terra il rugiadoso guardo.
— Quest’è l’Umiltá — disse, — mia sirocchia,
ed io la fredda e sciocca Orazione;
90lasciammo un’altra suora alla conocchia:
l’odiata Povertá dalle persone
lasciammo al fuso, e a pena si mantiene.
Venimmo due non senza gran cagione.
Nostra madonna e vostr’ancella, Spene,
95impose a noi che, posto ogni rispetto,
venissimo qua dentro in tanto bene. —
Misericordia allor, che molto affetto
tiene a Speranza, lor signora, vede
starsi Compunzion nel costei petto.
100Dálie la mano e la solleva in piede,
dicendo: — L’umil pianto si è la rete,
che piglia ciò che un cuor contrito chiede.