Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/189

Da Wikisource.

In lui bontá verace, umil, prudente,
temperata, fedel, giusta, pietosa,
forte, benigna, affabil e clemente.
Ma sovra tutto in lui sta l’amorosa:
35e, se viver ti degna il cielo assai,
vedrai stupenda e incomprensibil cosa.
A tanta invero ed eccessiva mai
non travenir fui degno e men saperla
fino a quei di, che mal di lei pensai.
40Credul fanciullo e ancor supposto a feria
fui di giudizio, allor ch’esser mal netta
parvemi questa immacolata perla.
Pur anco voglio ch’una ti sia detta
di mie sciocchezze, allor mostrata quando
45essa tornò dal nido d’Isabetta.
Or dunque un giorno quella, ripensando
agli angelici detti, cosi parse
starmi sospesa, ed io perché domando.
Ed ella a me: — Dio la sua grazia sparse
50in Isabetta sterile, attempata,
ch’or pieno ha il ventre e appena può levarse.
Creggio che cosa le sarebbe grata
se andassi a lei, oltre ch’onesta parmi,
send’ella antiqua e ancor nostra cognata. —
55Io le rispondo: — Chi può consolarmi
piú che veder Vostra Bontá contenta?
anzi di me servirsi non risparmi ! —
Cosi presto le acconcio una giomenta,
quantunque indegna di si altiere some;
60ma girsi a piè piú tosto s’argomenta.
Con una vecchiarella va, non come
colei ch’ad esser ha del ciel reina,
ma sposa d’un d’assai depresso nome.
Per vie montose e asperrime camina:
65fatica e sconcio alcun amor non stanca
ed ogni incontro quanto può declina.