Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/35

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e inducal al grand’atto, ch’io discerno,
di crear l’uomo buon, e, uscendo pravo,
trarselo in croce al ciel fuor dell’inferno.
Si che formatol ora, s’io m’aggravo
35piú mai d’averlo sopra, non che a paro.
caggia con gli altri rei nel centro cavo. —
In tanto dir le voci tutti alzáro,
voci di gaudio quei di sopra, voci
di doglia quei di sotto in pianto amaro.
40De’ quali un de’ piú negri e piú feroci
spinse il fier guardo fuor d’alcune tele
con ciglia oscure, al battere veloci.
Apre gran bocca, e fuor ne gitta fele,
col cuor amareggiato d’odio e rabbia,
45movendo contro a noi triste querele.
— Nasca — dicea, mordendosi le labbia, —
nasca quest’uomo tuo, nasca giammai,
che solo di te, Dio, l’imagin s’abbia!
So che per mio dispregio e scorno il fai,
50del tolto a me guadagno possessore,
acciò che in ira io tragga eterni guai.
Ma cruda invidia, ch’unqua in me non muore,
vegghierá tanto all’uomo insidiosa,
ch’alfine egli vedrassi del ciel fuore.
55E cosi l’alta e degna e gloriosa
tua creatura spero fia de’ nostri,
poi ch’esser debbe a noi tanto ritrosa.
Nostra sará; né quei celesti chiostri
rempiuti fian com’hai, creggio, diviso
60nel tuo collegio, e giá l’effetto mostri.
Lasso ch’io veggio ancor del paradiso
muover tue sante mani a far altr’opre!...—
Cosi gridando, ascose il brutto viso.
Ed ecco alfin quell’animal si scopre,
65che solo ha per costume alzar la faccia
e contemplar le stelle e a lor dissopre.