Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/45

Da Wikisource.

E come per li sparsi rai del sole
la luna è bella e splende pili di quante
stelle volteggia la celeste mole,
70cosi quel cor magnanimo fra tante
levate teste di sua nobil corte
vuol che colui sia l’alto, sia il prestante.
Or, mentre vive quello in tanta sorte,
un altro re, per acquistar piú regni,
75tenta cacciar quest’altro o dargli morte.
Per mar, per terra squadre armate e legni
vengono e van per sottoporlo al giogo,
tórgli lo scettro e far non oltre regni.
Vanno le ville e borghi a ferro e fuogo;
No ma il maltrattato re, nell’armi usato,
occorre al l’avversario in ogni luogo.
Fra tanto quel suo caro, a cui lo stato
ampio donò, dall’ór corrotto e guasto,
fu manco al suo signor, infido e ingrato.
85Dal nuovo re, di vii metallo pasto,
muta pensier con sorte, persuaso
che il vecchio non starebbe a quel contrasto.
Ma, poi che della guerra vide il caso
succedere in favor del suo signore,
90cacciato l’altro e rotto alfin rimaso,
perse di riacquistar piú mai l’amore
e grazia del padrone ogni speranza,
restando il nome sol di traditore.
Fugge dall’ira e lascia regno e stanza,
95e della mal serbata sua ventura
si pente tardo, e gran timor gli avanza.
Quanto piú lunge in una grotta oscura
celasi il giorno, e per nutrirsi frange
di notte con sudor la terra dura:
100pan di dolor convien s’acquisti e mange.
Scorno e timor dagli altri tienlo ascoso
e del perduto ben si cruccia e piange.