Pagina:Folengo, Teofilo – Opere italiane, Vol. III, 1914 – BEIC 1822407.djvu/75

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Ecco alla manca sponda in un ferétro,
se morta fusse, Europa vien portata
105da quattro grifi avvolta in panno tetro.
Ecco la luna incontro, che, infiammata,
vento, fuoco e tempesta le minaccia;
e tolta l’è di man l’antiqua spata.
Se l’aspettata ornai dal ciel bonaccia
no non vien, quell’empia stringerá le corna,
e cosi tutta in ventre se la caccia.
Che fa? che indugia piú? che piú soggiorna?
il destinato augel dal duro artiglio
come al suo proprio regno non ritorna?
115Lasso! che impallidire il bianco giglio
veggo alla fine lungo al fiume Rosso,
non chiaro piú, non verde, ma vermiglio.
Come la sposa, aimè, perso ha lo sposo!...
com’egli sprezza la sua donna cara!...
120per darsi a chi?... Ma dirne piú non oso.
Giá la sibilla Europa e la sua bara,
che a suo gran danno corre molto leve,
pur ecco anch’essa dir di Cristo appara.
— Verrá Colui, verrá, che passar deve
125ogni alto monte, ogni riposta valle,
quant’acque Olimpo e boschi a sé riceve.
Poscia, volendo, in uno stretto calle
di povertá con gran silenzio sceso,
torrá le umane colpe in su le spalle.
130Sol questo Re, da nulla macchia offeso,
senza consorzio uman piglierá carne
in ventre verginal, sol puro e acceso
di fuoco santo, per salute darne. —