Pagina:Folengo - Opere italiane, vol. 1, 1911 - BEIC 1820955.djvu/250

Da Wikisource.
244 caos del triperuno


E ’l mirto similmente in altra forma
mutarse vidi, ch’ogni suo rampollo
contrasse al tronco dentro, e si trasforma
in bella donna, e gambe e braccia e collo;
e ’l lupo, il qual sul lido par che dorma,
prende a l’orecchia, e dritto sullevollo,
cangiato omai di lupo in un destrero:
sáltavi addosso e sgombra via ’l sentiero.

Io la conobbi, aimè! nel sguardo acuto,
acuto sí, ch’anco smovermi puote
dal bel proposto e farmi sordo e muto
a le preghiere d’ogni effetto vòte
de l’ altre donne; anzi mi faccio un scuto [Praecipiti animo nullum est consilium.]
d’infamia contra il ben che mi percuote,
e gridami nel capo, mi urta ed ange,
ma nulla fa, ché ’l suo voler si frange.

Onde le donne insieme neghittose,
poi ch’e’ soi prieghi gittaron a l’aura,
in un pratel de gigli, viole e rose,
sott’ombra de la petrarchesca Laura,
stetter in cerchio contra me sdegnose;
ed un quadrato altare qui s’instaura,
sul qual, mentr’arde un tenero licorno,
ivan quelle piangendo intorno intorno.

Io pur, quantunque l’ascoltassi invito,
la fin volsi veder del sacrificio,
ch’un nuvol bianco su dal ciel partito
sí mi l’ascose, e per divin giudicio
tal tono seco fu, che tutto ’l lito
tremò d’intorno, e sparve lo edificio,
le donne, la matrona e ’l nuvol anco,
restando pur la via del lato manco.