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152 ii - vera storia di due amanti infelici


dell’albero, e le ignude braccia stese pendevano neglettamente sopra i ginocchi. L’innamorato giovane ancor da lunge vide luccicar tra ramo e ramo la sua candida vesta. Non avanzava un passo senza provare quei soavi trasporti, che sono le vere delizie d’amore. Ma, quando le si appressò, e vide le sue negre abbassate pupille in braccio a un dolce sonno, ed il labbro di rosa vagamente socchiuso e mosso da soavi respiri; quando mirò quel ricolmo seno un cotal poco ondeggiar fuori del velo agitato, e lento lento sollevarsi ai forti palpiti del suo cuore... Iacopo piú non resisteva: respirava per tutti i sensi di si cara vista, e, prostrato d’innanzi ad essa pateticamente, pendea cogli occhi, col labbro, colle braccia, co’ l’intero e tremante suo corpo sopra quello di Teresa. Ma neppure osava di trarre un solo sospiro: non palpitava, non si raovea, adorando coll’anima, tutta su le ciglia, quella dea, quell’angelo terrestre che si dormiva.

S’accorse ch’ella teneva fra le dita la lettera che le scrisse, e ben conobbe le orme ancor vive del pianto che dalle guance le scendeva infino al petto. L’infelice non sostenne tal vista; e, mentre giá prorompeva in una certa smania, in una ansietá, in un furore..., Teresa, mezzo ancor sonnacchiosa, movendo il fianco in atto di destarsi, con fiacca e tronca voce sciamò: — Domani io non son piú! Povera Te...; — e non fini la parola, che, aprendo gli occhi: — Oh Dio!... Iacopo?... — altamente gridò, e, con un rapido moto di meraviglia e di spavento, arretrando la testa, con ambo le mani si velò la faccia. Iacopo non parlava; le prese teneramente una mano, la copriva di baci e di lagrime; balbettava, tremava, piangea. La sensibil Teresa lo respingeva, ma debolmente; teneva chino lo sguardo, e sparso il volto d’un amabil rossore. — E tu ancora — le disse, — e tu, o crudele amico, vieni ad assalire la mia virtú! Quando tu stesso m’hai finalmente svelato la tua passione — gli additava intanto la sua lettera, — quando tu m’hai annunziato la tua partenza, quando io ti credeva lontano, tu vieni a strapparmi un secreto... in questo stato!... cosí!... quivi!... Ah! lasciami la mia pace, il mio cuore, la mia virtú: fuggi. Tu troppo, o tenero amico! hai funestato questi ultimi miei giorni. — Tali parole, miste di sdegno e di tenerezza, facevano travedere i suoi mal frenati sentimenti di pietá e d’amore; e Iacopo ben comprese che anche la di lei bocca, benché con tronchi e confusi accenti, gli diceva quasi: — Io t’amo! — Egli, stando nella stessa posizione e continuando a baciarle ardentemente la mano: — Ah! lo so — con un