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delle ultime lettere di iacopo ortis 125


contrasto, v’era egli necessitá che la politica e l’amore cozzassero? Tanto piú, che l’una e l’altro sostengono d’alcuna speranza per diciotto mesi quel giovane disperato; né tutte e due prevalgono a un tempo: bensí l’amore piú lungamente e piú spesso fa quasi dimenticare al cuore dell’Ortis l’altra passione; finché, dopo d’avere tutte e due combattuto contro alla disperazione, e non vincono, sono costrette a congiungersi ad essa, e affrettano la catastrofe. E l’amore nell’Ortis assume da’ sentimenti repubblicani una tempra fiera e virile, per cui scemasi in parte la dissonanza che due passioni cosí dissimili devono necessariamente mandare. Per altro taluni non potranno trapassare di subito dall’una all’altra corda, e talvolta anche sentire i due suoni ad un tempo, e non essere frastornati da quella disarmonia d’elementi diversi. Pur nondimeno, quand’anche se ne avveggano tutti, è da dire che, poiché il libro ha tanti lettori, tal dissonanza non sia rincrescevole a molti. Ma, dove si voglia stare piú al ragionamento che al fatto, preghiamo che, quando prima non le abbiano esaminate, non notino di acutezza due o tre riflessioni, che in questo incontro faremo sovra le «passioni uniche» degli eroi di quasi tutti i romanzi antichi e moderni.

L’uomo va alla pazzia per due strade contrarie. Se l’individuo riceve troppe, e insieme lievissime e varie e mal certe sensazioni ed idee, delle quali nessuna è sí forte e sí stabile da lasciargli nell’anima mezzi di paragone e vigore di desiderio e determinazione di volontá, allora, quanto piú cresce in lui questo stato d’imbecillitá, tanto piú precipita nella «insensatezza»; e sí fatti pazzi sono per lo piú spensieratamente gai ed innocui. Se invece le sensazioni e le idee derivano da un desiderio unico, che le assorbe tutte e le riduce a una sola; e questa sia radicata e tenace ed estesa nell’anima, che non lasci piú luogo dove si pianti e vi si fermi lungamente alcun’altra diversa; allora, anche in questo individuo, mancano tutte le sensazioni e quindi le idee di paragone, senza delle quali la nostra ragione non può mai agire, e l’uomo diventa maniaco. Sí fatti pazzi sono per lo piú malinconici e pericolosi, ma piú facili forse a guarirsi, perché in essi la malattia non dipende, come negli altri, da poco, bensí dal troppo sentire. Però nelle tragedie, dove l’azione ha periodo di tempo assai circoscritto, può stare che il filosofo non pretenda che una «passione unica», concentrata in pochissime idee, tendente ad un sola oggetto, faccia impazzare il personaggio che la prova e la esprime.