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delle ultime lettere di iacopo ortis 135


sagace esperienza dell’arte o per ispirazione del genio, aveva trovato un semplicissimo mezzo d’ammaliare i lettori, e senza che mai potessero discoprirlo. Werther soffrendo e spassionandosi sempre egli solo con un solo amico, il lettore non é mai distratto dalla persona ignota e inoperosa che riceve le lettere, e diventa egli stesso amico del misero giovine, e gli par d’essere suo confidente e in carteggio con esso; cosí che ne deriva la piú semplice insieme e la piú diretta e la piú attiva unitá che mente umana potesse ideare1. All’autore tedesco, il quale intendeva principalmente di mostrare la storia giornaliera del cuore d’un giovine innamorato e di obbligare tutti i lettori a osservarla commossi, questo espediente era utilissimo; ma all’autore dell’Ortis indispensabile e necessario. Perché l’Ortis, non essendo agitato da una sola passione, e discorrendo di piú oggetti, e con opinioni tutte sue, e spesso contrarie a’ principi delle persone a cui scriveva, deviava sopra quelle persone i lettori e offendeva il decoro. E infatti nel primo disegno del libro l’Ortis scriveva or all’amico suo, or a sua madre, ora alla fanciulla, ora al padre di lei; onde, quanto allo stile e alla perpetua impulsione che gli avvenimenti e le passioni davano d’ora in ora a quel giovine verso al suicidio, ne veniva una tal quale unitá; ma la magia della unitá adottata dall’autore tedesco non v’era. Onde lo scrittore italiano riprese ad architettare con ogni diligenza il suo libro e a dirigere tutte, da due o tre in fuori, le lettere al solo Lorenzo, stando esattissimo al modello tedesco; e gli accaddero due cose, forse degne della riflessione di quanti scrivono a cuore freddo, «onde calcolare per l’appunto», com’essi dicono, «i mezzi di commovere i cuori». L’una si è: che, volendo egli aggiungere alcuni materiali necessari alla nuova architettura, e che insieme non fossero dissimili alle cose giá scritte, ha bensí potuto frammettere in via d’episodi alcuni aneddoti ricavati dalla sua memoria, narrandoli per l’appunto com’ei gli aveva veduti e co’ sentimenti che gli avevano

  1. Questa lode data al signor Goethe a noi pare assai giusta. Infatti quanto è piú eloquente, appassionata e artificiosa una lettera, scritta per esempio da Giulia a SaintPreux o da Lovelace a Clarissa, e quanto piú sono importanti le scene del romanzo, tanto piú il lettore esplora il cuore dell’individuo che la riceve, anziché dell’individuo che la scrive. E sta benissimo ne’ romanzi di piú caratteri, e di due o tre principali. Ma, dove l’autore intende unicamente che il lettore esplori l’anima d’un solo individuo, ogni minima diversione guasta l’intento.