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II

SAGGIO DI NOVELLE

di LUIGI SAN VITALE

parmigiano

[1803]


Longum iter per praecepia, breve
     et efficax per exempla.


Quando il Boccacci, il Sacchetti, il Lasca, e fra’ lombardi il Bandello, scriveano novelle, dipingeano i costumi de’ propri tempi, gli aneddoti dei loro governi, gli usi, le feste, gli idiomi, gli abbigliamenti propri alle loro cittá. Erano insomma i loro libri simili a quelli che noi chiamiamo «romanzi», e de’ quali molti utili ed eccellenti si leggono in Inghilterra, parecchi in Francia, in Germania e nella culta Europa. Soli noi fra tante nazioni non possiamo contrapporre se non i nostri novellieri: misero fasto, pari a quello degli antichi patrizi, che alle fogge del nostro secolo contrappongono le armature de’ loro antenati. La storia, l’eloquenza, la tragedia, la lirica sublime e l’epopea sono merci per quella specie d’uomini, che, vivendo sempre con gli scritti degli antichi e leggendo i fatti dell’etá passate, possono soli ed intendere l’alta letteratura, e fare in certo modo divorzio dal loro secolo; e questa specie d’uomini, scarsa in tutti i tempi, amerá certamente le novelle de’ nostri antichi, da cui si può trarre infinite ricchezze di stile e molte osservazioni su que’ tempi e que’ popoli. Ma le novelle e i romanzi non furono mai