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discorso primo 235


alcuni letterati di trivio, che puoi vedere nell’edizione cognominata «greviana»1. La quale, ad onta della prefazione di questo solenne editore, è tanto male ordinata, ch’io sospetto non gli stampatori abbiano abusato del nome di lui. Chiude la schiera Anna Lefevre2, conosciuta da’ nostri, che leggono Omero francese, sotto il nome di madama Dacier; scaligeriana giurata, se levi poche lezioni lasciatele in legato da Tanaquillo suo padre, e molti abbagli spacciati con la iattanza de’ retori e con inconsideratezza donnesca. E duolmi che Ezechiello Spanhemio, inclito fra tutti i commentatori de’ greci, non avendo affaticato sopra questo poemetto di Callimaco, perché, attesi i pochi frammenti originali, lo reputava forse piú cosa di Catullo, riportandolo dopo gl’inni, abbia adottate le note della Dacier, seguite poi nella nuova edizione, tranne poche mutazioni, dall’Ernesto.

IV. Ben risente della filosofia del suo secolo il commentario d’Isacco Vossio3, figliuolo dell’infaticabile Gherardo, uomo a cui poco delle antichitá orientali, greche o romane stava nascosto. Troppo bensí compiaceva al proprio ingegno, e pescava nelle tarlature de’ codici nuove lezioni, per adornarle quindi del suo tesoro. Doveva almeno avere questo esemplare sotto gli occhi quel Filippo Silvio, che compilò un’esposizione a’ tre poeti ad usum Delphini4. Que’ teologi, innacquando il maschio latino de’ classici con quelle loro parafrasi 5, deviano i giovinetti

  1. Traiect. ad Rhenum, ex officina Rudolphi Zyll, 1680. — Miglior di questa è l’edizione variorum in fol., Lutetiae, apud Claudium Morellum, 1604.
  2. Callimachi, Quae exstant, cum notis Annah Tanaquilli, Fabri filiae, Parisiis, apud Sebastianum Marbre-Cramoisy, 1675.
  3. Londra, 1684: ripetuta altrove due volte. — * Lo storico Gibbon, nell’estratto della dissertazione di Isacco Vossio, De antiquae urbis Romae magnitudine, lascia questa memoria: «Fu pur singolare il genio del Vossio! Lettura vasta, vivacitá ed invenzione; ma io non conobbi ingegno piú falso, né piú esagerato ne’ giudici, né piú presto sedotto dalle lusinghe delle sue fantasie. Era poi uomo tristo e di vita macchiata». Gibbon, Opere postume, all’estratto delle letture: 3 ottobre 1763.*
  4. Parisiis, 1685: ripetuta a Londra ed a Venezia.
  5. Di questo infelice metodo vedi i danni nel lib. ii De oratore, in Cicerone. Che mai può essere la «interpretazione» fatta da quel prete Pichon a Tacito, se ogni frase di questo scrittore è gravida di pensieri, e molte parole racchiudono la metafisica e le origini della giurisprudenza romana?