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considerazione settima 299


CONSIDERAZIONE SETTIMA

calibi.

Verso 48. Iuppiter, ut Χαλύβων omne genus pereat!


Giustino (lib. xliv, cap. 3) scrive: «I calibi prendono il nome dal fiume Calibe in Gallecia, paesi fertili di miniere, principalmente di ferro, che diventa piú forte per l’acqua del fiume, ov’eglino lo tempravano: né usavano di armi, se prima non erano infuse in quell’onde». Apollonio Rodio (lib. ii, verso 375) li pone nella Scizia oltre il regno delle Amazzoni; autoritá seguita da Vincenzo Monti nel Prometeo (canto ii, inedito):

               Come presserò il suolo, a cui diêr fama
          i calibi operosi: — Ecco — dicea —
          ecco una terra, a cui le colpe avranno
          obbligo molto. Un popolo malvagio
          l’abiterá, che nei profondi fianchi
          delle rigide rupi andran primieri
          a ricercar del ferro i latebrosi
          duri covili, e con fatal consiglio
          a domarlo nel foco, a figurarlo
          in arnesi di morte impareranno.
          L’Ire, gli Odii, i Rancor, le Gelosie
          e l’Erinni, che pigre ed incruente
          andar vagando fra’ mortali or vedi,
          allor, di spada armate e di coltello,
          scorreran l’universo, e non il seno
          del ritroso terren, non l'elce e l'orno,
          ma l’uman petto impiagheran crudeli,
          e di sangue, piú ch’altri, bagneransi
          re feroci e tiranni sacerdoti,
          cui son le colpe necessarie..

.

Ovid., Fast., iv, 405:

          Aes erat in pretio: Chalybeïa massa latebat:
               heu quam perpetuo debuit illa tegi!