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considerazione ottava 305


imprese narrate da Diodoro siculo (lib. i). Sotto la sua statua era scritto:

               Βασιλεύς, βασιλέων Ὀσυμανδύας εἰμί.
          Εἰ δέ τις εἰδέναι βούλεται πηλίκος εἰμὶ, καὶ ποῦ κεῖμαι,
               νικάτω τὶ τῶν ἐμῶν ἔργον.


«Re dei regi Osimande sono. Se alcuno saper vuole quanto io sia, e dove io giaccia, vinca alcuna delle mie gesta».

Vengo ora alla statua. Gli autori che ne parlano, per quanto io ho incontrato leggendo gli antichi, sono: Pausania (in Atticis ), Filostrato (luoghi cit. e altrove), Luciano con l’usata ironia (in Philopseude), Giovenale (sat. xv, v. 5), Giovanni Tzetze ( Chiliad ., iv, 64), Callistrato nel libro De statuis, Tacito (Ann., ii, 61), Strabone (lib. xvii), e Dionisio il geografo nei versi 249-250, che, tradotti letteralmente, suonano:

               La prisca Tebe dalle cento porte,
               ove Mennon saluta, risuonando,
               la sua nascente aurora.

Ma il piú antico ed il primo che ne parli è il padre della storia greca (Erodoto, lib. ii), ove descrive le statue de’ signori vetustissimi d’Egitto, sebbene egli non la creda (come altri a’ suoi tempi congetturavano, Μέμνονος εἰκόνα εἰκάζουσί μιν) statua di Mennone: seppure Erodoto in quel luogo intende di questa statua «vocale», poiché altrove quel viaggiatore d’Egitto e cercatore di meraviglie non ne fa motto. Manetone bensí, scrittore a’ tempi di Filadelfo, diligentemente ne scrisse (presso Sincello, in Chronographia), se nondimeno non fosse questa una delle solite giunte d’Eusebio. Il che ammettendosi, niuno della statua «vocale» fa motto, né latino né greco scrittore, sino a’ tempi d’Augusto. Ma che sino dall’etá di Cambise, re persiano, la statua parlasse, è tradizione universale. Cambise, or son quasi secoli ventiquattro, la fece mutilare (Pausania, in Atticis; vedi anche la Cronaca alessandrina), sospettando fraudi; e nella statua v’è un’iscrizione, donde, quantunque guasta, si tragge che Cambise ferí la pietra parlante, immagine del sole. Nondimeno Strabone scrive che la parte del colosso crollò per terremoto. Il vero è che a’ tempi di Domiziano il Mennone parlante era dimezzato. Giovenale, loco citato:

          Dimidio magicae resonant ubi Memnone chordae,
          atque velus Thebe centum iacet obruta portis.

U. Foscolo, Prose - II. 20