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92 CAPITOLO III

precedenti a Leonardo o a lui coevi e si vedano questi schizzi, ci si persuade ch’egli fu veramente il primo a intuirne e a riprodurne con sicurezza le più intime caratteristiche di modellato, di vigore, di istinto. Il moltiplicarsi dei piani, le incavature sotto le ampie e piatte mandibole, il groviglio dei muscoli intorno alla bocca e alle froge son riprodotti con virtuosità sovrana. Leonardo preferisce nel cavallo il tipo rettilineo accompagnato da notevole larghezza della faccia dal frontale al nasale, da uno scostamento pronunciato dei padiglioni delle orecchie, degli occhi e delle ganasce, infine — per usare le parole di un competente — «da un’alta facoltà di espressione» (1).

L’animale è studiato in atteggiamento di immobilità (Windsor, n. 12324, 12317, 12321, 12308, 12317) e la pesantezza della sua mole è resa talvolta con felicità quasi umoristica (n. 12308) e talvolta con solennità (n. 12317); ma preferibilmente esso è studiato in movimento. I muscoli si tendono, i piani si moltiplicano con felici effetti di luci e di ombre cari all’artista, le masse tondeggianti degli arti posteriori assumono effetti scultori meglio che pittorici. Ma l’animale preferito da Leonardo non è il cavallo longilineo che noi ammiriamo oggi sui campi delle corse, non è quello dalla bellezza convenzionale dell’epoca classica e accolta e tramandata, quasi senza eccezioni, dall’arte del Medioevo e dagli artisti toscani della Rinascenza prima di Leonardo, cioè quella bellezza che si fa consistere nella imponenza

massiccia della mole, nel collo fortemente arcuato, nella quadratura del corpo; è invece una bellezza che, basata



  1. Prof. G B. Caradonna, L’anatomia nelle forme esterne del cavallo applicata all’arte, Firenze, Ist. Micrografico It., 1915.