Vai al contenuto

Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/17

Da Wikisource.

capitolo ii 11

     Cupido inver’ di me sorrise alquanto,
65quasi dicendo:— Or vedi la promessa
e la percossa, ch’io gli diei sul manto.—
     E come chi da compagni si cessa,
perché parlar vuol tacito e quieto,
mi cessai solo per parlar con essa.
     70— Naida mia— diss’io,— or mi fa’ lieto:
dimmi dov’è Filena, se tu ’l sai,
e se tu hai da lei alcun segreto.
     — Rifa chiamata sono e seguitai
— rispose quella— giá la dea Diana,
75e fui nel suo cospetto accetta assai.
     Ma una volta in una parte strana
fece una caccia in uno aspro paese,
ed io cacciando andai molto lontana.
     Trovai un centauro, e per forza mi prese:
80oh lassa me, ch’i’ non ebbi potere
contra sua forza usar le mie difese!
     Però Diana non vuol sostenere
ch’io vada piú con lei, ed hammi posta
che in guardia un fiumicel debba tenere.
     85Io era lí, di lá dall’altra costa,
quando le ninfe con la smorta faccia
vidi fuggire, e nulla facean sosta,
     sí come cervi che son messi in caccia,
quando dietro il lion va seguitando,
90o altra fiera fuggendo l’impaccia.
     Ed io della cagion facea ’l domando
del fuggir loro, e Diana non vòlse
darme risposta insino allora quando
     tutte le ninfe sue ella raccolse.
95Allor mi disse:— Qui mi fa fuggire
Cupido falso e sue infocate polse.
     Ma io farò querela al sommo sire,
ché ’l regno mio piú volte a tradimento
con falsitá venuto egli è a assalire.—