Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/383

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capitolo xx 377

     E di due scorte meco era sol una,
cioè la Caritá, che risplendea
sí, che ogni luce arebbe fatta bruna.
     E questa dolce guida ed alma dea
140disse:— Alla quinta essenza io t’ho condotto
dall’altra trasmutabile e sí rea.
     Ciò che sta a questo ciel laggiú di sotto,
subiace al tempo e convien vada e vegna
in non niente ed in stato corrotto.—
     145E poi soggiunse quella dea benegna:
— ’Nanti che trascorriam noi questi cieli
ed ogni intelligenza che qui regna,
     conviene che il mio offizio ti disveli,
acciò che, quando torni tra’ mortali,
150gli atti miei lor insegni e lor riveli.—
     Risposi:— O sacra dea, tra tanti mali
per veder le vertudi io son venuto;
e tu a salire qui m’hai dato l’ali.
     Però te invoco ed a te chiedo aiuto,
155che tu m’insegni te, sicché, allora
ch’al mondo narrerò ciò c’ho veduto,
     del regno tuo io possa dir ancora;
e che vertú in tanto è vertuosa,
in quanto amor la ’nforma ed avvalora:
     160non amor di Cupido o d’util cosa,
ma quel, che ’l sommo Ben ferma per segno,
e fa l’anima a Dio fedele sposa,
     sí ch’ogni amor, ch’è fuor di lui, ha a sdegno.—