Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/145

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capitolo ix 139

     E le mie guance diventonno smorte,
ché ’l sangue si restrinse tutto al core,
30come natura fa, perché ’l conforte.
     Però la dea a me:— Perc’hai timore
di quella cosa, che convien che sia
e debbesi aspettar in tutte l’ore?
     Dato è il quando e l’ordine e la via
35del pervenire al termine giá posto:
né fia la morte piú tarda, né in pria.
     E, se non sai se egli è tardo o tosto
della tua vita il tuo ultimo punto,
star déi ognora accorto e ben disposto.
     40Acciò che tu non sia improvviso giunto,
propon’ che il tempo incerto, che ti resta,
sia tutto giá presente ovver consunto.
     Il tempo logra a voi la mortal festa;
e le tre Parche tessono alla voglia
45di quel Signor, che a tempo ve la presta.
     E, quando Morte di quella vi spoglia,
rimane in voi ciò che non gli è subietto:
però l’alma non sente mortal doglia;
     ché vostra volontá e l’intelletto
50e tutto quel che ’n voi non è brutale,
subsiste piú vivace e piú perfetto.
     In terra torna il corpo animale,
e l’alma, ch’è dal ciel, su al ciel riede,
ciascun al suo principio originale.—
     55Gran passion gran conforto richiede;
però Minerva alla mia gran paura
questa monizion lunga mi diede.
     Com’uom che va per la via non sicura,
che mira e tace pel sospetto grande,
60cosí, temendo, intorno io ponea cura.
     E però Palla a me:— Mentre tu ande
inverso a quella, a cui pervenir déi,
perché pur temi e di lei non domande?—