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294 | libro quinto |
Quattro principali dottrine nella bolla, che comincia «Vix pervenit», sono a’ fedeli insegnate. La prima, che il mutuo sia la restituzione dell’equivalente: l’usura, il guadagno di sopra all’equivalente; onde si conclude: «Omne propterea huiusmodi lucrum, quod sortem superet, illicitum et usurarium est». Insegnamento verissimo. Ma non s’ha da chiamar «guadagno» l’apparente ed ideale accrescimento, che si mostra tale per colpa del mal valutato prezzo della sorte principale.
In seconda si condanna a gran ragione ogni guadagno, o grande o piccolo, come peccaminoso e riprensibile, «avendo i contratti umani per base e fondamento l’egualitá».
In terza si dice non esser intrinseco al mutuo questo «soprappiú»: del che non si può dir cosa piú vera. Anzi egli è tanto vario, quanti sono vari quasi all’infinito i gradi delle probabilitá della perdita, la quale, siccome alle volte è grandissima (come nelle usure marittime), cosí discende alle volte fino al zero (come è ne’ banchi e nelle compagnie delle repubbliche), e talvolta anche di sotto al zero, scendendo nelle quantitá negative (come avvenne in Francia al tempo del sistema del Law).
In quarta è dichiarato che non in ogni prestito si può trovar ragione da pretendere il soprappiú dell’egual peso di metallo. Quest’ancora è sentenza non meno vera che manifesta; mentre, se fosse vero il contrario, non avrebbono potuto sussistere i banchi delle repubbliche; non si vedrebbero pieni di danaro infruttifero; né, quel ch’è piú, vi sarebbe chi si contenta d’avere il suo danaro nel banco senza pro e ricusa porlo a fruttificare in mano privata. Né vale dire che i banchi sieno depositi, essendo noto che que’ d’Olanda e di Venezia hanno mutata natura da deposito ad imprestito, ma imprestito, per la somma sicurezza sua, meritamente infruttuoso.
Sarebbero, s’io piú mi trattenessi in questo ragionamento, oltrepassati i limiti di quanto mi si conviene. Intanto, se ciò che ho detto cagionasse negli animi d’alcuno dubbi e difficoltá, se ne potrá altrove piú agiatamente disputare. Prego solo coloro, che mi si volessero opporre, a percuoter me, e non un finto inimico, da essi a piacer loro creato ed armato. E, per