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Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/354

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348 note aggiunte nella seconda edizione

XXXIII

(p. 284, r. 8)

Delle cause grandi d’intoppo, per cui, dopo un rapido cominciamento, si è visto forzosamente rallentarsi tra noi il corso del progresso e del ristoramento dell'agricoltura, ne furono in questo libro da me indicate due, cioè il disequilibrio del peso che cade sulle province in confronto di quello che è messo sulla capitale, e l’impossibilitá di mettere a piena cultura un’immensa quantitá di terreni o demaniali o feudali, imbarazzati da’ dritti e servitú comunali. Non voglio terminare queste note senz’aver detta la terza delle cause maggiori. In quella giovane etá, in cui composi questo libro, non la ravvisava io ancora. Il tempo e l’esperienza me l’han fatta conoscere, e non voglio tacerla, anche a rischio di non poterla a moltissimi persuadere. Io conto tralle maggiori cause di danno il sistema della dogana di Foggia: sistema, che al volgo sembra sacro e prezioso, perché rende quattrocentomila ducati al re; al saggio sembra assurdo, appunto perché vede raccogliersi solo quattrocentomila ducati da una estensione di suolo, che ne potrebbe dar due milioni; abitarsi da centomila persone una provincia, che ne potrebbe alimentare e far ricche e felici trecentomila; preferirsi le terre inculte alle culte, l’alimento delle bestie a quello dell’uomo, la vita errante alla fissa, le pagliaie alle case, le ingiurie delle stagioni al coperto delle stalle; e tenersi infine un genere d’industria campestre, che non ha esempio d’altro somigliante nella culta Europa, ne ha solo nella deserta Africa e nella barbara Tartaria.

XXXIV

(p. 295, r. 12)

Quando io pubblicai questi miei pensieri sulla giustizia e sull’ingiustizia del frutto del denaro, m’aspettavo incontrar grandi opposizioni e censure dalla parte de’ moralisti di qualche partito, e per contrario lodi ed approvazioni da quei che tenessero la mia opinione. Ma, con mia meraviglia, niuna lode e niun rimprovero me ne avvenne: onde conobbi che, a voler piacere agli scolastici,