Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/75

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capo quarto 69


lunghissima sopra ogni altra cosa, non si ricerca ch’io lo ripeta. Quanto al non potervisi far frode, io dirò brevemente ch’egli è noto quanto si siano gli uomini travagliati per imitar l’oro e moltiplicarlo; ed è nella luce del nostro secolo divenuta cosí ridicola e vilipesa questa misteriosa scienza, che «alchimia» si dice, quanto forse fu in altri tempi venerata e culta. Tanto poco resiste al tempo ed alla veritá un inganno misterioso, che promette utilitá sproporzionate agli ordini della natura. Quello però, che a me è paruto sempre strano, è il conoscere che questa scienza si disprezza, non per lo fine ch’ella si propone, il quale anche agli stessi disprezzatori sembra grande ed eccellente, ma perché si sa non poter ella giungere a conseguirlo. Il suo fine è di convertire o tutte le sustanze, o almeno molte materie vili, quale è il ferro e le pietre, in oro. Né io sento chi derida come ridicola e dannosa questa intrapresa, quando ella riuscisse: sento solo ch’ella si ha per impossibile. In veritá, non si è geometricamente dimostrato finora ch’ella non possa riuscire. Ma, siccome gli sforzi di tante migliaia d’uomini e d’anni non hanno prodotto nulla, e inoltre si vede che niuna produzione della natura ha potuto finora essere moltiplicata o rifatta dall’arte, né alcuno fará chimicamente un granello di grano, una pianta, un marmo, un legno; cosí vi è una tanta e tale verisimilitudine, ch’ella si tiene per dimostrazione. Un’altra ragione pure si adduce: che la semplicitá somma de’ metalli perfetti, siccome non permette che l’arte gli distrugga e disciolga, cosí non pare che possa sapergli moltiplicare; e questa ragione è stata potentissima fino a cinquanta anni sono, che cessò di esserla. La chimica acquistò nuove forze, oltre l’antiche, da operar su’ corpi. Allo Tschirnhausen tedesco venne fatto di lavorare una lente di straordinaria e non piú veduta grandezza1, la quale, acquistata dal duca d’Orléans e data ad usare agli accademici delle scienze, fece conoscere all’Homberg che l’oro

  1. Ella pesa 160 libbre di Francia, ed ha tre piedi rhinlandici di diametro. Vedi Memorie del 1709, p. 15.