Pagina:Garrone-Ragazzoni - Edgar Allan Pöe, Roux Frassati, Torino, 1896.pdf/161

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Verso la metà del poema, ho di nuovo approfittato della forza del contrasto per preparare l’impressione finale.

Perciò diedi all’entrata del corvo un aspetto fantastico e quasi comico, per quel tanto almeno che l’argomento me lo poteva permettere:


          Egli entrò con gran strepito di penne
          . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
          Ei non fece inchin di sorta, non fe’ cenno alcun, ma giù,
          come un lord, od una lady, si diresse alla mia porta.

Nelle due stanze che seguono, il disegno è ancor più manifesto:


     Quell’augel d’ebano allora, così tronfio e pettoruto
          tentò fino ad un sorriso il mio spirito abbattuto,
          e, sebben spiumato e torvo, — dissi — un vile non sei tu
          certo, o vecchio, spettral corvo, della tenebra di Pluto!
          Qual nome a te gli araldi danno a corte di re Pluto?
                                                            Disse il corvo allor: Mai più!

     Mi stupii che quell’infausto disgraziato augello avesse
          la parola, e, benchè quelle fosser sillabe sconnesse,
          trasalii, chè, in niuna sorta di paese fin qui fu
          dato ad uom di contemplare un augel sovra una porta,
          un augello od una bestia aggrappato ad una porta
                                                            Con un nome tal: Mai più!

Preparato così l’effetto finale, abbandonai immediatamente l’intonazione fantastica per un’altra più severa e più profonda. Questo mutamento di forma comincia subito col primo verso della stanza che segue quella sopra citata:


          Ma severo e grave il corvo più non disse, e stette come
          s’egli avesse messo tutta quanta l’anima in quel nome,