«nel suo esemplare che la sola armonia
u consonante; gli convenne per la dissoci
nante progredire a tentone, e dare in
“ mille inciampi, ed adottare tali errori
«che sfigurarono poi sgraziatamente nelle
a sue opere la bella teoria del basso fonti
damentale.»
Risulta adunque da questa esposizione,
che la gloria dei nuovo sistema di armonia
adottato al giorno d oggi è tutta
quanta italiana, poiché esso venne fondato
dal Caiegari, e da questi trasmesso al suo
scolaro Francesc’Antonio Valletti, il quale
lo comunicò poscia al proprio allievo l’abate
Vogler che lo promulgò in Germania. Quel
sistema fu spiegato praticamente nell’opera
del Padre Sabbattini delle Numeriche segnature
e nel trattato delle fughe e quindi
in quell’altro, più recente, d’armonia, di Bonifazio
Asioli. Lo stesso Caiegari confessa
candidamente più volte nella sua opera
inedita, la quale è intitolata Ampia dimostrazione
degli armoniali musicali tuoni,
d’aver desunto il sullodato sistema dalla
erudita pratica di Palestrina, sovra cui ne
dovrà riflettere eternamente il primo onore,
perocché le leggi dell’armonia sono immutabili,
essendo fondate nella natura.
Una bellissima lode ne debbe pure venire
al Caiegari, avendo egli cqll’acume del suo
ingegno saputo trovare nelle opere del nostro
sommo maestro ciò che non fu capace
di dimostrare Rameau, ciò che non videro
i Paolucci, i Martini i quali dagli esempi
tratti dalle composizioni di Pier-Luigi non
dedussero che le regole di un rigido contrappunto.
Vuoisi avere un grande obbligo
a’ primi scopritori del vero ed a coloro
che lo mostrarono altrui, diventando in tal
modo benemeriti della patria, a cui crebbero
un nuovo lustro. Perciò disse un illustre
letterato, che niun pittore in Atene
ebbe iscrizione più onorevole di Apollodoro,
solo perchè egli trovò l’arte di comporre
i colori e cavarne le ombre.
I TEATRI MUSICALI
A MADRID.
I COMPOSITOI» SPIGIIIOLI.
(Da una lettera scritta da Madrid ai Direttori
della Franco Musicale il 18 agosto)....» Bisogna dire ch’io sia arrivato a
Madrid in un cattivo momento musicale,
e bisogna dire in oltre che questo cattivo
momento musicale dura troppo a lungo.
La compagnia italiana è debole, la compagnia
spagnuola è ancor più debole, e per
conseguenza naturale, i compositori scrivono
pochissimo. Nondimeno, con vostra
licenza, vi darò relazione in breve delle
due più solenni serate ch’io passai a Madrid,
la prima al teatro della Crux, la seconda
al teatro del Circo o dell’Opera.
Anzi tutto poi vi dirò che una rivalità
molto viva esiste continuamente fra le due
Imprese, circostanza fortunata che mette
all’impegno e l’una e l’altra di fare ogni
possibile sforzo per rendere contento il
pubblico, e mostrare uno zelo e un’attività
di cui pochi esempi ci son dati dalle
più acclamate Direzioni teatrali di Francia
e di Italia. Ei fu in forza di questo spirito
d’emulazione che durante il mio primo
soggiorno a Madrid, i due teatri avevano
preso a rappresentare ciascuno a.Lucrezia
Borgia di Donizetti con gran fracasso di cartelloni
e di manifesti, coni’è facile supporre.
Le due platee eran piene, stantechè i dilettanti
spagnuoli volevano col proprio
orecchio far il confronto fra i cantanti italiani
e i nazionali, e ad un tempo non
perdere un’ottima occasione di applaudire
al favorito loro maestro, il sig. Donizetti.
Molto meno pressato di essi, io, che pel
corso di due intere stagioni aveva udito
al Teatro Italiano di Parigi la Lucrezia
Borgia, cantata dalla Grisi, da Tamburini
e da Mario, io non mi curavo nè tanto
nè poco di udire ancora due volte la medesima
Opera, e di tuffarmi nella soffocante
atmosfera di una platea, ecc... Mi
tenni quindi pago di recarmi per una sol
volta al leggiadro teatro della Crux, e fui
tutt’altro che malcontento d’avere imposto
un freno al mio entusiasmo musicale....»
II corrispondente della France Musicale
segue esponendo il suo giudizio intorno
ai cantanti spagnuoli e al modo col quale
eseguirono la Lucrezia di Donizetti. «Il
signor Lomhia sosteneva la parte di Orsini
e cantava con anima pochi pezzi di
comparsa a lui affidati. Egli è un attore
dotato di molta intelligenza e abile a porre
in bella mostra il suo sapere e a far buon’effetto
a momento opportuno, nel che
sta la grande arte dei cantanti d’oggidì.
Le parti di Gennaro e di Don Alfonso, sostenuta
la prima da el Senor Ilamos, la
seconda da el Senor Burba, parve a me
avessero perduta tutta la loro importanza,
tanto fiaccamente eran eseguite! La romanza
di Gennaro nel primo atto, il terzétto
del veleno con Lucrezia, il duetto
finale fra Gennaro e sua madre, tutti questi
pezzi perdevano presso che al tutto il
loro colorito, sicché pareva si cantassero
dei pezzi staccati, come in un’accademia5
era scomparsa e sagrificata 1 unità di ispirazione.
La sola Senora Lillà, incaricata
della parte di Lucrezia, si disimpegnò, non
dirò solo con lode, ma con vero clamore.
I suoi mezzi vocali non le mancano mai;
ella esprimeva il suo amore materno, i suoi
timori, il suo orrore con fuoco e con vera
ispirazione. Gli applausi furono continui
e meritati, che ella sola sosteneva tutto il
peso della rappresentazione. I cori cantarono
con insieme, l’orchestra accompagnò
passabilmente, benché di tratto in tratto
ia si sentisse mancante; tutto compreso,
l’esecuzione fu lungi dal soddisfarmi, e
per dirla ad onore del pubblico spagnolo,
tre quarti degli spettatori manifestarono a
diverse riprese il loro malcontento.
Al teatro del Circo avvenne la cosa
stessane più né meno: vi cantava una compagnia
italiana e vi si dava la Saffo di Pacini,
Opera di fresco messa in iscena con
grande spesa di apparato e di vestiario.
Non occorre che lo dica a voi, signori
(è il corrispondente della France Musicale
che parla ai redattori di questo foglio).
Se la Lucrezia non è stimato un gran spartito
dai severi apprezzatovi del bello drammatico
musicale, qual sentenza profferire della
Saffo? La Lucrezia Borgia è musica fiacca,
ma pure qui e là si sostiene con dei passi
di grand’effetto e con delle felici melodie.
Lo stesso non può dirsi della Saffo; è
un’Opera che tocca rasente al grandioso e
per poco non dà nello stucchevole; un’Opera che non seppero condurre a buon
porto i sommi cantanti del nostro Teatro
Italiano! (0»
(t).4. Parigi di fatto la Sago non piacque, ma nelle
principali città della nostra Penisola ebbe grande esito.
Questa diversità di riuscita, ove potesse venir esaminata
attentamente e con una critica indipendente e libera di
personali riguardi, basterebbe a dar idea deila diversità
dell’intelligenza e del grado di coltura musicale cui potino
pretendere i due diversi paesi.
Il corrispondente della France Musicale
offre qui un cenno dèlia varia abilità dei
cantanti cui“era affidata l’Opera. Ha scarse
parole di lode pel basso Ancorti, severe
di biasimo pel signor Devezzi nella parte
di Faonv. della signora Bassi-Borio è molto
più soddisfatto. La signora Bassi-Borio, così
egli, è una cantante molto comendevole
tanto pel merito della sua voce espressiva e
larga, quanto per la sua intelligenza drammatica
ed arte scenica; solamente fa pena
che talvolta al suo slancio non corrispondano
le sue facoltà, e che nelle situazioni
patetiche ella sia, per così dire, costretta a
gridare.» I cori del teatro del Circo sono discreti.
•L’orchestra numerosissima, manca spesso
d insieme, sebbene sia composta di stromentisti
distinti i quali poi si riscattano
ne’ pezzi d’assolo ff).
«Senza voler fare il menomo confronto
fra i cori, l’orchestra e le decorazioni del
nostro grand Opera, dirò che il teatro dell’Opera
di Madrid potrebbe toccare a un
alto grado di perfezione, se la scelta delle
Opere che vi si rappresentano venisse fatta
con miglior discernimento, e non alla cieca
e secondo il capriccio e l’inscienza degli appaltatori.
11 maggior male sta in questo che non
vi hanno cantanti di vaglia die si fermino
a lungo presso quel teatro. Delle compagnie
italiane vi si recano di passaggio,
vi rappresentano il loro repertorio
moderno, dal quale pare, che sia proscritto
anche l’illustre Rossini, come colui la cui
musica è troppo forte e difficile!! Dopo
tutto ciò mi affretto ad aggiugnere che di
questo stato di cose non è per nulla da
accagionarsi il pubblico spagnuolo. Il Governo
non si occupa nè punto nè poco
dell’Opera di Madrid, ed ognuno sa quale
protezione valida, intelligente e immediata
è necessaria al teatro lirico di una capitale
perchè possa prosperare nelle vie di
un’arte illuminala e non mercenaria.
«Si ama molto a Madrid la nuova scuola
italiana. Donizetti e Mercadante vi fanno
furore; ma da ciò non si deve conchiudere
che questo sia il solo gusto della nazione.
La Muta di Portici è popolare a
Madrid tanto quanto a Parigi, e gli Spagnuoli
che visitarono la Francia seppero
ammirarvi i capolavori della scuola tedesca
e francese. La cosa di cui più abbisogna
la Spagna per la prosperità del suo teatro
come pel progresso delle scienze e del commercio,
si è una tranquillità stabile che permetta
agli artisti stranieri di venire a fermar
dimora a Madrid e quivi recare de buoni
modelli. Il dominio delle arti non si dilata
che per forza di emulazione, ed ecco
ciò che in fatto manca al teatro spagnuolo.
«Vi ho detto ora che Donizetti e Mercadante
piacciono molto in lspagna, ma tutto
non istà qui. Se vi si rappresentano quasi
mai le Opere di Rossini è da darsene colpa
alle compagnie italiane, le quali in compenso,
hanno l’accortezza di far aggradire
la melanconica e tenera musica di Bellini.
La società di Madrid comprende ed ama
alla pazzia tutte le produzioni di questo
maestro, ed ogniqualvolta vi si rappresentano
la Norma o i Puritani, il teatro è
zeppo. E in fatto è impossibile che la patria
dei Garcia, degli lsabel, delle Colbran,
dei Montenegro, dei Valdemosa, rimanga
insensibile aila toccante nota di Bellini.
Altre due prove di ciò stanno in questo,
che Rubini e madama Viardot-Garcia vi
()) Questo può dirsi di taluna delle principali orchestre
d’Italia.