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furono stimate giusta il loro merito, e che tutte le seno ras di Madrid, che hanno udito il finale della Lucia cantato dal re dei tenori. alzano sempre al cielo i loro grandi occhi neri in segno di estasi, quando ricordano la divina sua maniera ai cantare. «Pare a me che gli Spagnuoli sentano vivamente la musica, e non mancano d’entusiasmo ogniqualvolta sono contenti di un artista. «Ma sin qui, signori, vi ho parlato di cantanti e di suonatori, ma non v’ho detta neppuruna parola de’compositori spagnuoli. Essi sono poco noti nel mondo musicale, il che non toglie nulla al loro merito, quando si pensi che la Spagna vive per ora pressocchè al tutto separata dal resto dell’Europa. 44 Don Baltasar Saldo ni’, autore delle Opere Ipermestra e Cleonice, abita ordinariamente Madrid. La sua Ipermestra è mollo popolare in Ispagna, e si dice che essa fu rappresentata con gran successo anche in Italia (B; quanto a me dirò che dell’Ipermestra non ho udito che una sola ariaf, e che non posso quindi giudicare del merito dell’Opera intera. Se non che, Saidoni è un maestro italiano. «Citiamo ora il primo dei maestri spagnuoli; Don Ramon. Carnicer, autore di molte opere di merito; poi Don Joac/uin Espiri, parente di madama Colbran, moglie di Rossini. Egli è un compositore di talento molto desideroso del progresso in Ispagna, e scrittore zelante dell’Iberia musical, giornale di musica del formalo medesimo della France 31 risicale, che a quanto pare esso pigliasi a modello. 44La Lancion andalusa ha per rappresentante principale Don Sebastian Fradier, autore di molte melodie andaluse scritte nel genere di Manuel Garcia. Le sue produzioni lo hanno reso molto popolare e notissimo. Ho udito spesso cantare delle canzoni di Fradier, e avrò occasione di parlarvene in altra mia. 44 Voi conoscete per fama Don Francisco Vald.omosa, eccellente professore e maestro di canto della regina, il quale cantò con madama Paolina Garcia un duetto il cui successo risuonò fino a Parigi. E però non aggiugnerò altro e darò fine alla rapida mia nomenclatura citando quale rappresentante della musica sacra in Ispagna Don Manuel Lederma, maestro della Cappella reale di S. M. «Non mi è possibile estendermi a lungo sui merito di questi diversi compositori; le loro Opere sono troppo di rado rappresentate, poiché la musica italiana predomina in Ispagna a scapito della nazionale. Non mi rimane quindi che a dirvi poche parole della musica religiosa da me udita nelle chiese. Non vi ha in Ispagna chiesa per quanto piccola, tranne che non sia una semplice cappi/la (cappella) la quale non possegga il suo organo. Le cattedrali ne hanno di stupendi come lavori d’architettura. Ma devo aggiugnere che i suoni dello stromeuto non corrispondono degnamente alla bellezza degli ornati esterni. L’organo di Siviglia è di grandiosa vastità; anche quello di Granata è magnifico; ma mi accadde spesso di entrar nella chiesa ed udire l’organista suonare delle ariette di carattere tutt’altro che sacro, se pur mi sono formato una giusta idea dello stile di chiesa. Talvolta però, e ciò m’avvenne nella chiesa di Granata, i gemiti dell’orti) Crediamo che in ciò vi sia errore per parte del corrispondente della France Musicale. gano mi toccarono profondamente. Anche nel chiostro dell’Escoriai, la presenza della signora Espartero alla messa aveva dato occasione a un po’ di solennità. «L’organistacompose all’improvviso delle toccate molto semplici che, in questa vasta chiesa mirabilmente sonora, produssero molto effetto. «In conchiusione, manca in Ispagna una scuola musicale qualunque, manca un capo di schiera il qual dia l’impulso alla massa, e che questa imiti finché sia atta a studiarlo. Sórto che sia quest’uomo dotato di genio, e la sua comparsa per ora impossibile fra le turbazioni politiche, io non dispero di vedere la Spagna collocarsi a un buon posto fra le altre nazioni musicali. Questa è quistione di tempo, non, come altri volle far credere, effetto di mancanza di genio e di gusto, Ma lo rifieto pieno di convinzione: E mestieri che a Spagna desideri l’attrito della sua civiltà con quella dei popoli a lei stranieri, perocché da ciò solo le sarà dato quel progresso nelle arti e nel sapere a cui anela con tanto ardore». BIBLIOGRAFIA. •— La Tipografia del nostro Ricordi sta preparando un importante pubblicazione: Filosofia della musica, o Estetica applicata a quest’arte. È questo il titolo della nuova opera didascalica che vedrà quanto prima la luce in elegante formato. Noi cominciamo dall’anticipare le nostre congratulazioni coll’egregio autore il sig. maestre* Raimondo Boucneron, al quale inoltre dobbiamo i più vivi ringraziamenti per averci conceduto di inserire, come inserimmo già in questa stessa Gazzetta (della quale egli è tra i principali collaboratori), alcuni dei più interessanti capitoli della bella sua produzione. Da codesti saggi avranno potuto i nostri colti lettori formarsi vantaggioso concetto di un’opera dettata con larghe vedute, ricca di dottrina, di gusto e di retto sentimento, e scritta in oltre con gastigato e chiaro stile e con sufficiente correzione di lingua. In Italia, ove la musica è troppo comunemente considerata come arte atta poco più che a svegliare impressioni fisiche variamente piacevoli, è a desiderare che sorgano degli scrittori eruditi e coscienziosi i quali additar sappiano e scandagliare gli intimi rapporti ch’ella ha cogli alti studii riguardanti l’uomo morale. Questo trattato della Filosofia della musica o Estetica musicale, gioverà in gran parte a quest’uopo, come quello che addimostrerà con fine analisi e ben appropriati esempii quanto le ispirazioni musicali siano atte a dipingere le umane passioni e ad esprimere i varii e potenti affetti dai quali il nostro animo suole essere agitato. Pubblicata che sia l’opera, noi ci intratteremo molto più paratamente intorno ad essa, e ciò faremo ogni qualvolta produzioni di simil genere verranno regalate a quella porzione di pubblico musicale (forse troppo scarsa) che non si accontenta di possedere le più materiali nozioni tecniche intorno all’arte dei suoni, ma si compiace di potersi procacciare un’istruzione più elevata riguardante la parte filosofica ed estetica di essa. Fatalmente tra noi, ove pare che sia tanto stimata ed amata la musica, in generale non si ama e si stima che quanto vi ha in essa di più frivolo e di più falso, e la vera e buona cultura musicale è in Italia per addesso avuta in troppo poco conto. Un indigesto articolo impastocchiato di iperbolici elogi profusi a qualche cantante favorita del giorno, o un’insipida cronaca di notizie teatrali tessute di bugie, sono lette più volentieri che non la più elaborata dissertazione storico-musicale, o la più piccante analisi estetica di qualche classica composizione. Ma non per questo debbono sconfortarsi gli amatori dei buoni studii; essi devono insistere, perseverare. A poco a poco qualche buon frutto se ne otterrà. I progressi della verità sono lenti, ma pur infallibili. Solo pochi anni fa a chi parlava di estetica, di filosofia della musica, d’espressione, di imitazione musicale, si rideva in viso da’ così detti artisti, ai quali parevano queste parole arabe, geroglifiche. Ma in poco tempo abbiamo fatto qualche progresso. Ora il linguaggio dell’alta critica comincia a non parere strano ai nostri maestri, professori, cantanti. Speriamo che non sia lontano il momento in cui lo comprenderanno e ne approfiitteranno. A questo intento adopera specialmente questa Gazzetta. B. Varietà. Moschelés a Rrusseli.es. — Alcuni amatori della buona e seria musica assistettero giorni fa ad un trattenimento musicale interessantissimo. Moschelés, il famoso pianista, reduce da Amburgo e di passaggio per Londra, volle fermarsi alcune ore a Rrusselles per consacrarle al sig. Fétis, direttore di quel R. Conservatorio col quale ei mantiene da lungo tempo delle relazioni d’amicizia. In una serata organizzata da quest’ultimo all’improvviso, il valente pianista fece udire alcune delle sue ultime produzioni. Uno dei pezzi più interessanti fu un terzetto per piano, violino e violoncello, nel quale Moscbelés venne accompagnato dal sig. De Bériot e Demunck. De Bériot suonò poscia alcuni brani di uno de’ suoi concerti ed un duetto sopra motivi di Roberto il Diavolo, nel quale Dòliler gli servì di partner. Moschelés chiuse poi il trattenimento con degli studii e con una di quelle sue fantasie estemporanee nelle quali suol dar prova di tanto sapere musicale. Fra tante rinomanze speciali che nell’arte di suonare il pianoforte valsero ad emergere in questi ultimi dieci anni, Moschelés seppe conservare la sua propria fisionomia caratteristica; egli è pur sempre il pianista pensatore per eccellenza. Indubbiamente egli è tra tutti il suonatore più ricco di idee, quello che in più alto grado collega la scienza e 1 immaginazione, due cose non punto incompatibili, checché ne dicano certe persone. Ciò che vi ha di più ammirabile in Moschelés si è ch’ei seppe conservare tutta la sua freschezza di pensiero in mezzo a tante occupazioni atte a tutt’altro fuorché a svegliare il genio, anzi acconce a sopirlo. Dappoiché egli dimora a Londra, e ormai sono vent’anni, Moschelés è il solo professore di pianoforte adottato dalla fashion. La sua clientela si compone delle persone più distinte appartenenti alle primarie famiglie dell’Inghilterra. Nelle diverse stagioni •dell’anno ei suol dare delle lezioni dalle sette ore del mattino fino alle dieci della sera; spesso desina nella sua carrozza, e passa delle intere settimane senza vedere