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106 Codice cavalleresco italiano


tazioni, le scuse, ecc., se umiliano chi le fa, raramente giovano e fanno onore a chi le impone e le accetta.

ART. 213.

Se l'offensore nega l’esistenza dell’ingiuria, della quale gli si chiede una riparazione per le vie cavalleresche, i rappresentanti non andranno più oltre, e redatto apposito verbale, lo consegneranno all’offeso.

Nota. — Negare l’offesa equivale, come fu già detto (art. 4, 35, 36), alla più ampia ritrattazione, semprechè l’offesa vi fu. Di fronte alla negativa spetta allora, se n’è il caso, a chi rese edotto l’amico della patita ingiuria, se questa non fu diretta, di pretendere una spiegazione per la mentita fattagli subire. Ma in ciò i rappresentanti del supposto offeso non devono immischiarsi, essendo una vertenza del tutto nuova, indipendente ed estranea a quella, per la quale era stato richiesto il loro intervento.

ART. 214.

Trovandosi i rappresentanti d’unanime accordo, che «l’ingiuria non esige l’uso delle armi», distenderanno apposito verbale da sottoporsi all’approvazione dei rispettivi mandanti, se (per errore o dimenticanza) il mandato affidato non fu ampio.

Nota. — Il mandato è illimitato quando nella domanda di soddisfazione non si leggono parole e frasi che possono far nascere il dubbio di una limitazione della discussione della vertenza o della specie di soddisfazione richiesta. Così, p. es., se si dicesse: «Vi do il più ampio mandato per ottenere una soddisfazione anche con le armi...» il mandato non è più illimitato, ma imperativo; non si tratta più di una richiesta di soddisfazione, ma di riparazione vera e propria, che esclude la soluzione pacifica della vertenza. E codesto mandato non si accetta; ma se si ac-