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112 Codice cavalleresco italiano
ART. 221.

Stabiliti i fatti, determinata la natura e la gravità dell’offesa e studiati i motivi apparenti o reali; se la vertenza esige una soluzione con le armi, i rappresentanti, stabilito a chi spetta la qualità di offeso, devono fare quanto è in loro potere, affinchè la soluzione della vertenza sia rimessa al giudizio di un giurì o di una Corte d’onore.

ART. 222.

Qualora le parti rifiutassero l’appello al giurì o alla Corte d’onore, e se i rappresentanti non credessero di rimettere il mandato: stabiliti i fatti e attribuite le qualità di offeso e di offensore a ciascuno dei due contendenti, constatano se gli avversari posseggono le qualità morali e fisiche richieste per impugnare le armi e per duellare. Passano quindi a determinare le condizioni di scontro.

Nota. — Questa constatazione consiste nel determinare l’onorabilità cavalleresca dei contendenti; e cioè, l’identità, l’età, lo stato fisico dei medesimi, nonchè la moralità degli avversari, tanto sotto il rapporto di persona, come sotto quello dei motivi apparenti o reali della vertenza.

Si fa inoltre notare che il 3 gennaio 1923 la Corte d’onore permanente di Firenze, presidente Gelli e giudici di turno: Generali comm. Ceccherini, comm. Sardagna, comm. Reghini, avv. P. Lepanto Boldrini, in vertenza appellata Salvadori-Gervasoni, giudicava che la querela in diffamazione sporta contro un testimone non impedisce l’azione cavalleresca per le ragioni seguenti:

«Se infatti a chi subì offesa negano le leggi d’onore il diritto d’inviare una sfida, quando abbia comunque fatto appello ad un Tribunale o a un Giudizio d’onore, non è