Pagina:Gelli - Codice cavalleresco italiano.djvu/139

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Libro terzo 113


però vietato al gentiluomo di querelarsi per diffamazione contro il teste che si fosse fatto sostenitore di un’accusa ritenuta ingiusta, specialmente quando da tale accusa sia a lui derivata un’onta gravissima. Resta in tal modo integra nel gentiluomo offeso la facoltà di adire le vie penali, senza che perciò venga comunque a mancare in lui il diritto di richiedere quella riabilitazione che solo dal giudizio di una Corte d’onore può derivargli. Ove infatti si ammettesse che l’esperimento giudiziario contro un testimone fosse di impedimento ad un successivo giudizio di una C. d’O., potremmo arrivare all’assurdo di vedere un gentiluomo, ingiustamente accusato, ottenere dinanzi al magistrato la condanna di chi, mentendo, lo privò dell’onore cavalleresco e trovarsi dopo nella impossibilità di chiedere una riabilitazione, pur essendo consentito un giudizio di appello dalle leggi di onore. Debbono, in simili casi, considerarsi le azioni penali esperite quali mezzi adottati da chi fu colpito nell’onore per procurarsi maggiori prove a discolpa, onde meglio affrontare il giudizio di una C. d’O. Prove a discolpa, malgrado l’autorità giuridica di una sentenza passata in giudicato; prove sul cui valore dovrà giudicare in modo insindacabile la Corte, che non può mai essere tenuta ad osservare incondizionatamente il dispositivo di una sentenza pronunciata in conformità delle leggi penali».

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«Tra le leggi di onore e le leggi penali esiste differenza sostanziale sia per la loro origine e natura che per i loro effetti, e in questa diversità le prime tanto affermarono la loro superiorità ed indipendenza da comandare talora come dovere ciò che le seconde puniscono come delitto».

ART. 222 bis.

Se durante la trattazione uno dei rappresentanti