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qualunque sottomissione. Non ci voleva meno di questo, per indisporre la Duchessa contro di lei, sicché, abbandonata ogni idea di matrimonio, lasciò partire le due principesse ricolmandole di gentilezze, ma senza tener loro neppure una parola allusiva, a quanto esse già sapevano doversi trattare in quel loro soggiorno.

Se ad esse spiacque tal fatto, Carlo Emanuele ne fu indignato addirittura; e indispettito scrisse sopra una parete del Castello di Rivoli: «La raison ne veut pas que je épouse M.lle de Nemours, mais mon destin le veut». E quando più tardi la Duchessa parlò al figlio di un altro matrimonio, egli arrabbiato rispose che la moglie voleva scegliersela da se stesso.

Ma più tardi ancora, nel 1663, cede ai consigli materni, e sposò Francesca, figlia di Gastone duca d’Orléans. Questa principessa era cosi bella, buona e gentile, che veniva chiamata, l’ho già detto, colombina d’amore, e così moderata nei desideri, che Cristina non ebbe davvero da temere per la sua sovranità. Francesca dava a lei ogni soddisfazione, e divideva col marito ogni di lui piacere, fino a seguirlo alla caccia per fargli cosa grata. Però, siccome gli angioli non sono di questa terra, così ella vi mancò improvvisamente, a Torino, il 14 gennaio 1664, pochi giorni soltanto dopo la suocera e appena dieci mesi dal dì del suo matrimonio. Rimasto vedovo, Carlo Emanuele rivolse nuovamente il pensiero alla cugina, e siccome questa volta non vi era nessuno che facesse opposizione, cosi, appena trascorso l’anno del lutto, fece formale domanda