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sradicare, fece il miracolo di cambiare tutto e tutti; e i quindici giorni da lei passati con esso insieme al marito e ai quattro figli, due maschi e le due principesse, volarono per tutti in una festa continuata, in una gioia perenne.

E quando l’Arciduca partì colla famiglia, tutti presentirono quello che sarebbe avvenuto, tanto Vittorio Emanuele erasi mostrato assiduo colla minore delle cugine, e il principe Eugenio di Carignano era rimasto colpito dalle grazie di Maria Carolina.

Ma di questi due vagheggiati matrimoni, soltanto uno doveva compiersi, l’altro lo sciolse la morte, prima ancora che fosse annunziato, ed il principe Eugenio ne rimase così desolato, da non voler più, in sua gioventù, maritarsi.

Stabilito dunque il matrimonio dell’arciduchessa Adele con Vittorio Emanuele duca di Savoia, questi, scrivendo in quei giorni al La Marmora, diceva fra le altre cose: «Compratemi anche un cavallo per mia moglie la quale mi scrive che vuol farmi divenir saggio. Pas feu à faire

Desiderio e riflessione che dipingono mirabilmente i due.

Il 10 aprile 1842, a mezzogiorno, quell’unione fu benedetta nel castello di Stupinigi, presente tutta la famiglia della sposa, poi alle due pomeridiane ebbe luogo l’entrata solenne a Torino dalla porta del Po; e la sera, al teatro di gala affollatissimo, Carlo Alberto presentò al pubblico plaudente la giovinetta sposa.