Pagina:Gentile - Romanzo d'una signorina per bene, Milano, Carrara, 1897.djvu/141

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d’una signorina per bene 131

da un folto di piante che si innalzavano lungo il muricciolo di cinta.

Lucia vi giunse in pochi minuti. Al cigolio del cancello di ferro, che stentava ad aprirsi, frullò dalla pianta vicina, una capinera, che andò a posarsi un istante sopra il tetto della cappella, poi spiegò il volo alto.

Il piccolo viale era ingombro di erba che conveniva acciaccare per percorrerlo. Nell’erba era un guizzare di lucertole, un rincorrersi d’insetti, un fremere di vita fra le tombe dei morti; un monotono, flebile suono di zizzio e stridio, e susurro, che rompeva il silenzio senza disturbarlo.

Lucia si guardava intorno; ricordava persone conosciute nei nomi scolpiti nei cippi e nelle croci. Quanti non erano morti dalla sua infanzia in poi!

Si fermò dinanzi a una colonnetta spezzata di marmo bianco, che portava il nome di «Anna Ladini.»

«Aveva vent’anni quando la tisi la distrusse! — pensò; e pregò per l’anima della fanciulla che aveva veduta fiorente di salute, forte al lavoro, felice.

Una bruna pietra orizzontale, ricinta da una siepe di mortella, segnava la tomba di Marina del fabbro, morta di dolore per l’abbandono del marito.