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Pagina:Georgiche.djvu/146

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Ei giunse ad emendar; sterpò le spine
195Che ingombravano il suol, più nobili erbe,
E bianchi gigli a seminar vi prese,
E verbene, e papaveri; e tal frutto
Da l’orto in breve, e dal giardin raccolse,
Che le ricchezze nel suo cor contento
200Uguagliava d’un re: stanco da l’opre
Del dì tornava ne la tarda sera
Al fido albergo, e la sua parca mensa
Di semplici copria non compri cibi.
Primo ei le rose in primavera, e primo
205Cogliea d’autunno i saporosi pomi,
E quando il crudo gel fendea pur anco
Le pietre, e il corso imprigionava a i fiumi,
Del molle acanto a ritosar la chioma
Ei si occupava, i zefiri accusando
210Lenti al ritorno, e la lontana estate.
D’api feconde, e numerosi sciami
A lui ronzavan gli alvëari, e in copia
Spremea da i favi lo spumante mele:
E a lui di tiglie, e resinosi pini,
215E pingui piante frondeggiava il campo,
E quanti fior su gli alberi fecondi
Spuntavano in april, tanti da i rami
Pendevano in autun maturi frutti.
L’arte egli pur di trapiantar sapea