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Pagina:Georgiche.djvu/153

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Pallida e mesta a tramontar ritorna.

     Ma se del verno la futura fame
370Provvido temi, e de gli afflitti sciami
Pietà ti prende, ah tu discreto allora
Risparmia i lor tesor: di timo i tetti
Profuma, e dentro a gli alvëar recidi
Le vôte cere; chè sovente ascosa
375Entra ne i favi la lucerta ingorda,
E di nemici al dì vermi voraci
S’empion le celle; il neghittoso fuco,
Che le fatiche altrui siede pascendo,
S’intrude, e il calabron d’armi e di forze
380Ahi troppo a l’api superior; la ria
Tignuola anch’essa a rodere s’appiata,
E a l’alta soglia le sue tele appende
L’odïoso a Minerva astuto ragno.
Ma quanto più predati i favi, e guasti
385Gli alberghi resteran, tanto de l’api
Sarà lo sforzo a ripararne i danni
E l’industria maggior, nuove ricchezze
Prederanno da i fiori, e nuove case
Rifabbricando colmeran di mele.

     390Se poi (gicchè co l’uom comun han l’api
De la vita mortal gli affanni e i mali)