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Pagina:Georgiche.djvu/158

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Ed oh! madre, lagnandosi ei proruppe,
Madre Cirene che nel fondo alberghi
Di questi gorghi, e perchè mai de l’alta
495Stirpe de’ numi (s’è pur ver, qual dici,
Che Apollo a me fu padre) in odio al Fato
Mi generasti? Ove n’andò quel tuo
Per me tenero amore, e perchè un seggio
Farmi sperar, vana lusinga! in cielo?
500Lungi da tanto onor, quel breve istesso
Vanto mortal, che industrïosa cura
De la greggia e del campo a me con lungo
Sudore appena procacciato avea,
Ecco che quello ancor perdere or deggio,
505E tu madre mi sei. Su via, ciò solo
Rimane ancor, queste felici piante
Svelli tu di tua man, ne le mie stalle
Porta la face ostil, tronca le messi,
Abbrugia i campi, e l’implacabil falce
510Stringi le viti a sterminar, se tanta
Hai de le lodi mie noia, o dispetto.

     Da l’imo fondo udì Cirene il suono
Dei lamenti del figlio. Intorno a lei
Varie ninfe sedevano filando
515Di marino color milesie lane,
Drimo, Xanto, Filodoce, Ligéa,