Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu/41

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CANTO UNDECIMO. 29

LXXXIII.


     Ma pria che ’l pio Buglione il campo ceda,
Fa indietro riportar gli egri e i languenti:
E già non lascia a’ suoi nemici in preda
660L’avanzo de’ suoi bellici tormenti.
Pur salva la gran torre avvien che rieda,
Primo terror delle nemiche genti:
Comechè sia dall’orrida tempesta
664Sdrucita anch’essa in alcun loco, e pesta.

LXXXIV.


     Da’ gran periglj uscita ella sen viene
Giungendo a loco omai di sicurezza.
Ma qual nave talor ch’a vele piene
668Corre il mar procelloso, e l’onde sprezza;
Poscia in vista del porto, o su le arene,
O su i fallaci scoglj un fianco spezza:
O qual destrier passa le dubbie strade,
672E presso al dolce albergo incespa e cade:

LXXXV.


     Tale inciampa la torre; e tal da quella
Parte che volse all’impeto de’ sassi,
Frange due rote debili, sicch’ella
676Ruinosa pendendo arresta i passi.
Ma le soppone appoggj, e la puntella
Lo stuol che la conduce, e seco stassi,
Insin che i pronti fabbri intorno vanno,
680Saldando in lei d’ogni sua piaga il danno.