Pagina:Gerusalemme liberata II.djvu/77

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CANTO DUODECIMO. 63

XCV.


     Quivi da faci, in lungo ordine accese,
Con nobil pompa accompagnar la feo.
E le sue arme, a un nudo pin sospese,
756Vi spiegò sovra in forma di trofeo.
Ma come prima alzar le membra offese
Nel dì seguente il cavalier poteo,
Di riverenza pieno e di pietate,
760Visitò le sepolte ossa onorate.

XCVI.


     Giunto alla tomba ove al suo spirto vivo
Dolorosa prigione il Ciel prescrisse;
Pallido, freddo, muto, e quasi privo
764Di movimento, al marmo gli occhj affisse.
Alfin sgorgando un lagrimoso rivo,
In un languido oimè proruppe, e disse:
O sasso amato ed onorato tanto
768Che dentro hai le mie fiamme, e fuori il pianto:

XCVII.


     Non di morte sei tu, ma di vivaci
Ceneri albergo, ove è riposto Amore:
E ben sento io da te le usate faci
772Men dolci si, ma non men calde al core.
Deh prendi i miei sospiri, e questi baci
Prendi ch’io bagno di doglioso umore:
E dagli tu, poich’io non posso, almeno
776Alle amate reliquie ch’hai nel seno.